CAMPI FABBRICHE ed OFFICINE LE INDUSTRIE NAZIONALI ~— — ITTlln TI— ÌT-ITT • lllllll I UH I WI »! | ]|.H1_I-UJML di P. KROPOTKI N 'TcHÌ i!ZÌo:h- v mvh;zioiìt' di Ubero T.i:u i o*J j . 1 l J l \K BIBLIOTECA DELLA U1VISTA \\OV A TORE * — ■ i5. — t - ; i \ 300 East Itfth Stiwt - - Xcw York. I CAMPI, FABBRICHE ED OFFIClfoÈ" L LE INDUSTRIE NAZIONALI di P. KROPOTKIN Traduzione e prefazione di Libero Tancredi 1910. BIBLIOTECA DELLA RIVISTA 'NOVATORE" — No. 8. — 500 East 16th Street - - New York, U. A. mmmmmmmmmmmmì PREFAZIONE Non sempre la celebrità personale di un uo- mo denota la diffusione, e sopratutto la cono- scenza pubblica ed integrale del suo pensiero. Spesso l'aureola che circonda un nome, ine- briando d'ammirazione i discepoli, li distoglie dal Tesarne sincero delle teorie che a quel nome si riattaccano: più spesso ancora, i partiti e le scuole politiche se ne impadroniscono per in- teressi idealistici piti o meno coscienti, accet- tando o celebrando di un autore solo quella parte dottrinaria che più si conviene alle for- mule dei programmi e delle tradizioni. Pietro Kropotkin é uno di questi uomini, ce- lebri e vittime ad un tempo. Mente vasta sor- retta da una coltura profonda, anima di genti- luomo con sentire di rivoluzionario ritempra- to nella praticità della vita reale e degli studi imparziali, il filosofo russo era troppo sincero ed eclettico per racchiudere il suo pensiero nel- la piccola cerchia d'una chiesuola intellettuale. Cosi, accanto alle Parole* d'un Revolté, fremen- ti di spirito rivoluzionario, ed alla "Conquéfce fin Pain" piena d'illusioni, forse un po' ottimi- ste sulla società futura; egli seppe darci La inorale aiiarchiste ove rivela una lucida com- prensione etica della violenza, quale soltanto il Sorel sapeva in seguito teorizzare: la splendida conferenza "I/Etal, soii róle historique che fa onore di storico a chi la scrisse; IVHistoire d'u- ne A T ie che rivela un romanziere ed un poe- ta; Mutual Aid provante la cultura naturalisti- ca dell'autore; TLa Grande Revolution e Un Siéele d'Attente, quale affermazione d'una ca- 4 PREFAZIONE pacità di orientazione serena ed originale fra i giudizi più disparati sugli avvenimenti piti complessi. E, oltre tutte queste opere, Fìelds, Factories and Workshop*», di cui il presente opuscolo é appunto la parziale traduzione. Ma l'onestà intellettuale del Kropotkin e la sua indipendenza non valsero certo a farlo sti- mare o a proteggerlo innanzi ai partiti innu- meri che cercano, non le dottrine, ma le bibbie, non gli uomini colti, ma 1 santi. Lo ignorò, o fìnse d'ignorarlo la social-democrazia che pure si prosterno a statisti da operetta ed a scienziati da caffé concerto: lo travisarono gli Zoccoli che restrinsero la sua opera a poche pagine, raccogliendo appunto quelle che pili si presta- vano al giochetto d'una critica partigiana e meschinamente giuridica; lo massacrarono gli anarchici ufficiali che ne rimpicciolirono le concezioni a quanto loro tornava utile, difen- dendolo poscia con pose da guardia di corpo, come i socialisti orrodossi avevano difeso e tra- dito Marx. Gli uomini grandi non possono di- ventare simboli che a patto di lasciarsi -snatu- rare dai segnaci petulanti e presentitosi. * * * La pubblicazione presente é appunto un atto di reazione inteso a sfatare le mistificazioni del simbolo e riaffermare l'uomo. E infatti, gli ar- ticoli pubblicati dal K. sulla Xineteenth Con- tury e sul Forum di Londra durante il 18 88- 1890, sono forse aridi nel contenuto irto di ci- fre, ma dimostrano, se non l'economista di pro- fessione, certo lo studioso che sa discendere dalie nubi dell'utopia per rendersi conto della realtà: e non vi é nulla di più nobile che la sua dichiarazione sulla non sufficienza della produ- zione attuale per soddisfare ai bisogni elemen- tari degli uomini — affermazione che balza dai suoi scritti d'economia, (e pubblicata in una lettera-prefazione ad un opuscolo "Verso r Anarchia" edito a Milano) quale ammollimeli- PREFAZIONE 5 to agli utopisti del comunismo ugualitario, paradisiaco, senza differenziazione di lotte e di valore. Gli articoli suaccennati non ebbero quasi nes- suna eco nel campo anarchico e sovversivo: nonostante il nome dell'autore, poche e mon- che traduzioni ne furono fatte in lingua fran- cese: una piccola parte soltanto vide la luce in un opuscolo intitolato li Fallimento del Sistema Industriale, edito nel 1897 in Italia, apparso recentemente in America, dopo un seppellimen- to di circa tredici anni. Raccolti nel 1902, con aggiunte ed appendici (inserite nel presente opuscolo sotto forma di note) per cura d'una Casa editrice di Londra fi) gli scritti del K. for- marono un notevole volume dal titolo già ri- portato: Fields, Farotories and Workshop*, di- viso in nove capitoli: The I>erentra.lization of Industries Tra i 1.240 vapori che navigano sui fiumi della Russia, un quarto usa la naphta e una metà il legno quale combustibile: il legno da ardere é anche usato nelle ferrovie e nelle offi- cine metallurgiche degli Urali. 30 CAMPI, FABBRICHE ED OFFICINE stanza per gettare sul mercato 6.000.000 cwts di rotaie ogni anno (12). Non è strano, quindi, che l'importazione di oggetti manufatturati in Russia sia qua si insignificante : e che sin dal 1870 — cioè nove anni prima del generale aumento dei dazi — la proporzione dei manufatti nella importazione totale sia andata continua- mente declinando. Essi ne rappresentano o- ra appena il quinto; e mentre le importazio ni inglesi in Russia erano valutate a dollari 81.500.000 in 1872, scendevano a $34.422.500 nel 1894, per risalire ad appena $35.925925 nel 1896. A parte questi, gli altri manufatti importati avevano un valore poco superio- re ai $10.000.000: — le rimanenti importa zioni essendo costituite da generi alimen- tari, materie prime, metalli, fili. ecc. grezzi o^ semi-lavorati. Ad ogni modo, le importa- zioni britanniche hanno declinato, nel cor- so di dieci anni, da 44 a 25 milioni di dol- lari, tanto da ridursi a delle piccolezze: $10.033.000 in macchinario: $1.977.850 in (12) Lo t viluppo delle industrie in Russia ap pare meglio dal quadro seguente: PRODOTTI 1880-81 1893-94 Cwts. Cwts. Ghisa 8.810.000 25.450.000 Ferro 5.770.000 9.700.000 Acciaio 6.030.000 9.610.000 Rotaie 3.960.000 4.400.000 Carbone 64.770.000 160.000.000 Naphta 6.900.000 108.700.000 Zucchero 5.030.000 11. 470. 000 Cotone greggio 293.000 1.225.000 COTONE lavorato avanti '89 1889 Filati 7.410.000 18.760.000 Tessuti 9.970.000 22.230.000 Stampati 6.110.000 7.280.000 LE INDUSTRIE NAZIONALI 31 fotone e fili di cotone; $1.439-5°° in lana c filati di lana. Ma il deprezzamento delle merci inglesi fu ancor più sorprendente; nel 1876, la Russia, importando cwts 8.000.000, pagò 30 milioni di dollari; nel 1884, importando la medesima quantità, ne pagò appena 17 milioni. Il medesimo feno- meno si è avverato in tutte le importazioni di manufatti, per quanto non sempre nella btessa proporzione. Sarebbe un grave errore il credere che la discesa delle importazioni dall'estero sia dovuta principalmente agli alti dazi di con- tine : essa è spiegata multo meglio dall'incre mento delle industrie nazionali. La prote- zione doganale ha senza dubbio contribuito ad attirare i capitalisti inglesi e tedeschi nella Russia e nella Polonia. Lodz la Manchester polacca — è realmente una cit- tà germanica e le guide commerciali russe sono piene di nomi tedeschi e britannici, i capitalisti e gl'ingegneri d'Inghilterra e di Germania hanno impiantato e sviluppato in Russia i cotonifici, simili a quelli della loro madre patria ; ora essi sono occupati, nei tare altrettanto coi lanifici e le industrie meccaniche, mentre i Belgi aumentano ra pidamente il commercio del ferro nella Russia meridionale. Non vi è il minimo dubbio — ed è questa un'opinione divisa, son solo dagli economisti, ma da molti in- dustriali — che un regime di libero scam- bio non comprometterebbe l'avvenire delle industrie in Russia. Potrebbe soltanto ri- durre gli alti profitti di quei capitalisti che non perfezionano le proprie officine, e gua dagnano sopratutto sugli orari intermina- bili e sul lavoro a buon mercato. 32 CAMPI, FABBRICHE ED OFFICINE Inoltre di mano in mano che la Russia otterrà una libertà maggiore, un maggiore •sviluppo delle sue industrie dovrà imme- diatamente seguire. L'educazione tecnica, che — strano a dirsi — è stata sempre si- stematicamente soppressa dal governo, po- trebbe formarsi e propagarsi rapidamente: — e in pochi anni colle sue risorse naturai: e la sua gioventù laboriosa, che già ora ten- ta di combinare il lavoro colla "scienza, la Russia potrebbe in breve decuplicare la sua potenza industriale. Essa "farà da se" in questo campo: potrà fabbricare tutto quan- to le abbisogna, e rimanere ancora una na- zione di agricoltori. Al presente, solo un milione di persone, fuori degli So milioni d'abitanti della Russia europea, lavora nelle officine: e 7.500.000 attendono contempora- neamente all'industria ed alla manifattura. Questa cifra può triplicare senza che la Russia cessi di essere un paese agricolo: ma in tal caso non vi sarebbe più posto per 1 importazione dei manufatti perchè un paese agricolo può fabbricarli ad un prezzo minore dei paesi che vivono sull'importa- zione dei generi alimentari. LA CONCORRENZA TEDESCA Queste osservazioni sono ancora più ve- re quando riguardano le altre nazioni eu- ropee, molto più avanzate nel loro svilup- po industriale, e specialmente riguardo alla Germania. Si è già tanto scritto ultima- mente circa la concorrenza tedesca al com- mercio e persino ai mercati inglesi; e tanto si può imparare da una semplice visita al- le fabbriche londinesi, che io non ho biso- LE INDUSTRIE NAZIONALI 33 gno di- entrare in lunghi dettagli. Articoli di riviste, corrispondenze di giornali, rela- zioni consolari regolarmente riassunte ne/ periodici più notevoli, e ancora più impres- sionanti se consultate in originale; — e finalmente i discorsi di uomini politici han- no famigliarizzato l'opinione pubblica della- Gran Bretagna coll'importanza e la forza- cteila concorrenza germanica. Di più: le e- nérgie' che la Germania industriale trova nell'educazione tecnica dei propri operai.dei' propri- ingegneri e scienziati numerosi, fu- rono così sovente discusse dai fautori della stessa educazione tecnica in Inghilterra, che il subitaneo progresso della Germania non può essere negato più oltre (13). Mentre, nei tempi andati, un mezzo se- colo era necessario per sviluppare un'indu- stria, pochi anni sono sufficienti ora. Nel- l'anno 1864 appena 160.000 cwts di cotone greggio erano importati in Germania, e ap- pena 16.000 cwts di lavori in cotone n'era- no esportati : la filatura e la tessitura di es- so erano le più insignificanti delle industrie nazionali. Venti anni dopo, le importazioni del cotone greggio erano già a 3.600.000 cwts. che balzavano a 5.556.000 dopo altri due anni: mentre l'esportazione di stoffe e filati era valutate a $18.000.000 nel 1883 e $38.310.000 nel 1893. Una grande industria fu cosi creata in meno di trent'anni, ed al presente la^ Germania resta tributaria al Lancaslure soltanto per i filati di qualità * (13) Non solo: ma non si può negare che oggi la Germania eccella nella formazione dei capi- tani del commercio e dell'industria, tanto da competere con quelli dell'ingttilterra e degli Sta- ti Uniti. (N. d. T.) 34 Campì, fàbbriche ed officine superiore. Anzi, Herr Franke, in "Die neu- este Entwickelung der Textil Industrie in Deutschland" crede che persino questo svantaggio sparirà tra breve. Splendide fi- lature furono costruite ultimamente, e la emancipazione da Liverpool è in rapido prò gresso, collo stabilimento di un mercato di cotone a Brema. (14) Nell'industria laniera, il numero dei fusi fu raddoppiato rapidamente, e nel 1894 il valore delle lane esportate raggiungeva $41.101.500, tra cui $4.537.845 rappresenta- no il valore dell'esportazione in Inghilter- ra (15). L'industria del lino si è sviluppata con una velocità anche maggiore; e quanto alla seta, la Germania, con 87.000 telai ed (14) Dal libro: "The Cottoli Trade in England and on the Continenti: Il costo d'una "yard" di tessuto di cotone unito é ancora superiore in Germania che in Inghilterra, nonostante gli o- rari più lunghi e i salari più bassi nella prima che nella seeonda.Ore di lavoro: Inghil. 9 ore, Germ. 12 ore; Paga media settimanale: Ingh. $4.07,Germ. $2.95; Yard tessuti da un operaio per settimana: Ingh. 706, Germ. 466; Costo per yard: Ingh. $0.06375, Germ. $0.07575. — Nei tessuti stampati e di fantasia, dove i colori e le invenzioni hanno la massima importanza, il vantaggio é però per le piccole manifatture te- desche. — I progressi della Germania si posso- no constatare in un altro fatto: Per attendere a 10.000 fusi erano necessari 200 operai nel 1861, e soli 85 nel 1882. Nella città di Augs- burg, gli operatori per 10.000 fusi scesero da 97 nel 1875 a 78 nel 1891; le ore di lavóro da 72 a 66 settimanali, mentre i salari sono aumenta- ti ovunque e costantemente. (15) Le importazioni di stoffe di lana dalla Germania in Gran Bretagna sono costantemente aumentate da $3.037.220 nel 1890 a $4.537.8.45 nel 1894. Le esportazioni in tessuti e filati dal? la Gran Bretagna alla Germania erano valutate a $13.846.960 nel 1890 e a $15.085.815 nel 1894. LE INDUSTRIE NAZIONALI 35 una produzione annua valutata a 45 milioni di dollari, è seconda soltanto alla Francia. Il progresso delle industrie chimiche te- desche è ben conosciuto — eccetto nella Scozia e nel Northermberland ove non si riesce a comprenderlo : — ed i rapporti sul- la lavorazione del ferro e dell'acciaio in Germania, inscritti nei libri dell' "Iron and Steel Institute" e nell'inchiesta com- piuta dall'Associazione Britannica pel Com mercio del Ferro — dimostrano quale tor- midabile incremento abbia avuto la produ- zione tedesca del ferro greggio o lavorato durante gli ultimi venti anni (16). Nessuna meraviglia che l'importazione di quei ma- teriali si sia ridotta a metà, mentre l'espor- tazione si moltiplicava quasi per quattro. E circa l'industria meccanica, se i tedeschi hanno commesso l'errore di copiare troppo servilmente i modelli inglesi, anziché se- guire nuove vie creando modelli originali co (16) L'estrazione e la lavorazione dei minerali in Germania é in continuo aumento, come si ve- de dalle seguenti cifre date in "Tons": MATERIALI 1883 1893 Carbone • 55.943.000 76.773.000 Lignite 14,481,000 22,103,000 Ferro 8.616.000 12.404.000 Zinco 678.000 729.000 Sali 1.526.000 2.379.000 MATERIALI 1874 1894 Ferro greggio 1.906.260 5.382.170 Ferro e acciaio lavorati 489,000 5,825,000 L'importazione di ferro e acciaio é diminui- ta da 757.700 tons nel 1874 a 349.160 nel 1894 mentre l'esportazione, durante lo stesso periodo di tempo sali da 546.900 a 2.008.760. Il con- sumo totale di ghisa, ferro e acciaio passò da 2.117.080 a 3.772.570 tons. Una "ton" é ugua- le a 1016 chilogrammi. B6 CAMPI, FABBRICHE ED OFFICINE me fecero gli americani, dobbiamo sin .d'pjrit riconoscere che le copie dei primi etano ottime e possono competere vittoriosamen- te, pel loro buon mercato, cogli utensili e le macchine prodotte nel Regno Unito (17) Bisogna anzi riconoscere apertamente la superiorità degli apparecchi scientifici fab- bricati in Germania : è cosa ben nota agli uomini di scienza, persino in Francia. In conseguenza di quanto abbiamo detto più sopra, tutte le importazioni d'oggetti manufatturati in Germania vanno declinan- do. L/importazione complessiva di prodot- ti tessili (filati compresi) è così piccola da trovare il compenso in un valore quasi u- guale di esportazioni, E non v'è dubbio che, non solo i mercati tedeschi di prodotti tessili saranno tra breve perduti per le ak tre nazioni,' ma la concorrenza germanica - sarà ^sentita .ognor più potente tanto su } mercati -.neutrali ".che su, quelli dell'Europa occidentale. E' facile farsi applaudire dagli uditori ignoranti, esclamando con più o me no retorica; che la produzione tedesca non potrà mai eguagliare la britannica! Il fat- (17) L'aumento della potenza produttiva ger- manica può essere misurato da quello del mac- chinario motore. Tra macchine fisse, locomobi- li, locomotive, piroscafi, ecc. erano in Germania, nel 1879, 35.960 macchine a vapore con una forza-dì 985.190 cavalli vapore (H P) Quindici annir dopo, salivano rispettivamente a 73.375 e 2.539,150. — In Baviera esistevano, nel 1879,- 3401 macchine con 79.060. HP.'Nel 1889 erano saliti ss 5-868 e 142.750 — In tutto l'Impero si produoevano 4. 510. 640 cavalli di forza nel 1879; essi diventavano 7.20Ò/000 nel 1892. Né questa ascesa conobbe uri arresto: " Più recente- mente Tesportazione delle macchine dalla Ger- mania, passava da un valore di $15.225,000 nei 18$Ò ad uno di $20.325.000 nel 18? 5,; - ' ■ LE INDUSTRIE NAZIONALI 37 to è ch'essa compete pel minore costo, e talvolta anche — dove è necessario — per l'eguale qualità; e questa circostanza è do- vuta a parecchie cause. L'argomento del "lavoro a buon merca- to", a cui spesso si allude nelle discussioni circa la "concorrenza tedesca" sia in In- ghilterra che in Francia, doveva essere ab- bandonato sin da quando fu provato me- diante numerose ricerche che i bassi salari e gli orari lunghi non significano necessa- riamente produzione a buon mercato. Pro- tezione doganale e lavoro mal pagato espri- mono semplicemente la possibilità, per un certo numero di lavoratori, di lavorare an cqra con macchinario cattivo e fuori d'uso; ma nelle industrie più sviluppate, come quelle del ferro, la produzione a minor co- sto è ottenuta mediante salari elevati, ora- ri corti e macchinario perfezionato. Quan- do il numero degli operai richiesti per ogni mille fusi, può variare tra diciassette (co- me in molte fabbriche della Russia) e tre (come in Inghilterra) nessuna riduzione di salari può compensare tale enorme diffe- renza. Conseguentemente, nei migliori co- tonifici ed opifici metallurgici, le paghe dei lavoratori (e lo sappiamo direttamente 'cir- ca i lavori in ferro dalla summenzionata in- chiesta dell'Associazione Britannica pe Commercio del Ferro) non sono inferiori a quelle usate in Inghilterra. Tutto ciò che può dirsi è che l'operaio prende di più col suo salario in Germania di quanto prenda nel Regno Unito — il paradiso degl'inter- mediari — paradiso che durerà sin tanto che esso potrà vivere sull'importazione dei generi alimentari, 38 CAMPI, FABBRICHE ED OFFICINE La ragione principale del successo della Germania nell'agone industriale è la mede- sima che per gli Stati Uniti d'America. En- trambe queste nazioni entrano nella fase manifatturiera del loro sviluppo — e vi en- trano con tutta l'energia della giovinezza stimolata dalla novità. Entrambe gioiscono eli un'educazione concreta scientifica e tec- nica, largamente estesa. In entrambe le fab briche sono costruite sugli ultimi e mi- gliori modelli esperimentati altrove; en- trambe si trovano in un periodo di risve- glio in tutti i rami dell'attività : industria e commercio, scienza e letteratura. Esse i- riaugurano oggi la fase chr per la Gran Brettagna cominciò colla p mia metà del secolo XIX — auando i lavoratori britan- nici inventarono quasi tutto il moderno macchinario meraviglioso. Noi abbiamo semplicemente dinanzi a! nostro sguardo il fatto de lo sviluppo con- secutivo delle nazioni. Ed anziché insorge- re od opporsi contro di esso, sarebbe me- glio cercare se i due nionieri della grande industria — l'Inghilterra e la Francia — non potrebbero prender una nuova inizia- tiva e preparare un altro rinnovamento; se una via aperta al genio creatore di questi due paesi non potrebbe essere scoperta in una direzione nuova: ad esempio, l'utiliz- zazione della terra e delle capacità indu- striali ad un tempo, per assicurare il be- nessere, non d'una piccola minoranza, ma di tutta la nazione. IL LE INDUSTRIE NELL'EUROPA MERIDIONALE Il flusso dello sviluppo industriale pro- segue, ad ogni modo, non solo verso l'est : si spande anche verso il sud est ed il mez- zogiorno. L'Austria e l'Ungheria stanno guadagnando rapidamente un posto nella corsa delle industrie nazionali. La Triplice Alleanza fu già minacciata dalla tendenza dei manufatturieri austriaci di proteggersi contro la concorrenza germanica ; e persino nella duplice monarchia si videro recente- mente le due nazioni combattersi per que- stioni economiche. Le industrie austriache rappresentano un fenomeno tutto moder- no, e sin d'ora esse danno un profitto an- nuo che eccede i 500 milioni di dollari. La Boemia, in poche decadi, è diventata un paese industriale di considerevole impor- tanza ; e l'eccellenza e l'originalità del mac- chinario usato nei rimodernati mulini un- gheresi, dimostra che la giovane industria di quella nazione è in buona via, non solo per competere con quelle di paesi più an- tichi, ma anche per contribuire colla sua esperienza alle cognizioni mondiali circa l'uso delle forze della natura. Si permetta di aggiungere, anzi, che ugual fatto è ve- 40 CAMPI, FABBRICHE ED OFFICINE ro, sotto certi aspetti, anche per la Filari- dia. L,e cifre sono monche circa il presente stato complessivo delle industrie austro- ungariche ; ma son degne di nota le im- portazioni relativamente piccole e di scar- so valore. Pei manufatturieri britannici, la monarchia del Danubio è, infatti, un clien- te di pochissimo conto; ma persino ri- guardo alla Germania, essa si sta rapida- mente emancipando dalla passata ed eco- nomica dipendenza, (i) Il medesimo progresso industriale si e- stende nelle penisole del mezzogiorno eu- ropeo. Chi avrebbe parlato, venti anni or sono, delle industrie italiane? Eppure, do- po le esposizioni di Torino 1884 e 1898 — l'Italia figura ormai tra i paesi manufattu- rieri. "Si vede che ovunque un considere- vole sforzo industriale e commerciale fu tentato" — scrisse un economista francese sul Temps. "L'Italia aspira a liberarsi dal- li) Per dare un'idea dello sviluppo industriale nel!' Austria-Ungheria, é sufficiente menzionare il progresso delle industrie minerarie, e lo sta- to presente di quelle tessili. Il valore dell'estrazione annuale del carbone in Austria e Ungheria appare come segue: Minerali 1880 1893 Carbone $14.461.500 $28.167.000 Ferro greggio $ 8.745.000 $15.079.000 Oggidì le esportazioni di carbone, ne bilancia- no completamente le importazioni. Quanto alle industrie tessili, la sola Austria possedeva già, nel 1890, 1970 macchine a vapo- re con 113,280, HP, impiegati nelle dette indu- strie. Per la filatura del cotone essa contava 153 stabilimenti con 2.392.360 fusi e 33.815 o- perai; mentre la tessitura dava lavoro a 194 o- pifici con 47.902 telai. L'importazione di cotone greggio raggiunse, nel 1894, la somma di $21.665.000, dei quali $6.875.000 in filati. LE INDUSTRIE NAZIONALI 41 la produzione straniera. La divisa patriot- tica: l'Italia farà da sè, ispira la grande massa dei produttori : Non v'è un solo ca- pitalista o negoziante che, sia pure nelle circostanze più difficili, non faccia del suo meglio per emanciparsi dal controllo e dalla direzione d'oltre frontiera". I miglio- ri modelli francesi ed inglesi furono imi- tati e migliorati con un'impronta di genio nazionale e di artistica tradizione. Non esistono statistiche complete, poiché anche l'Annuario Statistico non offre che indi- cazioni indirette; ma il rapido incremento nella importazione del carbone (nove mi- lioni di tonnellate nel 1906 contro 779.000 nel 1871) ; lo sviluppo delle industrie mi- nerarie che triplicarono i loro prodotti in quindici anni ; la crescente produzione di acciaio e di macchine (quasi $15.000.000 nel 1886) clie, secondo Bovio, dimostra co- me un paese privo di carbone e di minera- li, possa vantarsi d'una notevole industria metallurgica ; e, finalmente, il progredire delle industrie tessili favorito dall'importo del cotone greggio e dal raddoppiarsi dei fusi in cinque anni ; (2) tutto rivela che la tendenza dell'Italia a diventare una con- trada manufatturiera capace di soddisfare da se stessa ai bisogni suoi, non è sempli- cemente un sogno. E quanto agli sforzi fatti da quella nazione per prendere una parte vitale nel commercio del mondo, chi (2) Il cotone greggio importato raggiunse 291. OSO quintali in 1880 e 594.118 in 1885. I fusi erano 1.800.000 in 1S85 contro 1.000.000 in 1877. Lo sviluppo dell'industria parte dal 1859. L'importazione netta della ghisa passò da quintali 700.000 a 800.000 tra il 1881 e il 1885. 42 CAMPI, FABBRICHE ED OFFICINE non conosce le tradizionali capacità degli italiani in quella direzione? (3). Dovrei anche rie )rdare la Spagna le cui industrie tessili, metallurgiche e minerarie sono in aumento continuo; ma ho fretta di volgermi verso i paesi considerati ancor pochi anni fa, come eterni e forzati tribu- tari delle nazioni manufatturiere dell'occi- dente. Consideriamo, per esempio, il Brasi- le. Non era esso destinato, secondo °di eco- nomisti, a coltivare il cotone, esportarlo allo stato greggio, e ricevere il cotone la- vorato in cambio? Infatti, vent'anni or so- no, i nove miserevoli cotonifici brasiliani potevano appena vantare un totale di 385 fusi. Ma già nel 1887 1 cotonifici erano sa- liti a 46, e 40.000 fusi lavoravano in soli cinque di essi ; mentre 10.000 telai getta- vano sul mercato del Brasile oltre 33 mi- lioni di yards di stoffe di cotone. Non solo: persino Vera Cruz, nel Messico, sotto la protezione dei dazi doganali, ha incomin- (3) Per scrimolo di sincerità, il traduttore di- chiara subito di rimanere scettico dinanzi a que- ste lodi all'industria italiana. Esse sarebbero giustificate soltanto se. . . . l'Italia non fosse l'Italia; cioè la nazione dalla borghesia inerte e incapace d'iniziative, e dal latifondismo paras- sita. Di più: ove le industrie sorsero coll'idea precisa, più o meno leale, di emancipare dall'e- stero la produzione nazionale, esse diedero luo- go a fenomeni di economia artificiale basata sul monopolio, i dazi doganali più scandalosi, i fa- voritismi aperti del governo e le camorre bor- sistiche e parlamentari. Basti ricordare l'Ac- ciaieria Terni e la speculazione sugli zuccheri, senza rammentare lo stato primitivo in cui tro- vasi l'agricoltura anche nei centri agrari del nord, appunto perché manca lo stimolo della concorrenza che solo l'importazione straniera, oggi proibita, potrebbe esercitare. (N. d, T.) LE INDUSTRIE NAZIONALI 43 ciato la lavorazione del cotone ; impiantato 40.200 fusi nel 1887; prodotto 287.700 og- getti di vestiario e 212.000 libbre di filo. Da quell'anno il progresso divenne rego- lare e incessante ; e nel 1894 il Vice Con- sole Chapman disse nel suo rapporto che "ad Oribaza si possono trovare le macchine più perfezionate, mentre i tessuti stampati di cotone prodotti sono oggi altrettanto buoni se non superiori agli articoli d'im- portazione" (4) IN ASIA E IN AMERICA La smentita più flagrante alla teoria del- le esportazioni, fu però data dall'India. Quest'ultima era stata sempre considerata come il cliente più sicuro dei cotonieri del Regno Unito — e come tale si è dimostra- ta sinora. Dei manufatti di cotone esporta- ti annualmente dall'Inghilterra, essa ne usa da un quarto ad un terzo (da S85.000.000 a Si 10.000.000 sopra una complessiva espor tazicne di S225.000.000 nell'ultima decade — e da $80 500.000 a S91. 210.000 negli an- ni 1893 e 1894) Ma le cose hanno comin- ciato a cambiare. I cotonifici indiani che — per parecchie cause non completamente spiegate — ebbero così cattivo successo al loro inizio, presero improvvisamente un no- tevole sviluppo. Nel 1860 l'India consumava appena 23 (4) Cfr: The Economist, 12 maggio 1894, pa- gina 9: "Pochi anni fa, i cotonifici di Oribaza usavano interamente cotone greggio importato; ma ora essi usano, per quanto possibile, cotone coltivato e filato all'interno". 44 CAMPI, FABBRICHE ED OFFICINE! milioni di libbre di cotone greggio: ma ta- le quantità si quadruplicava addirittura nei successivi io anni, Il numero dei cotoni- fici passò da 40 in 1877 a 147 in 1897; quel- lo dei fusi crebbe da 886,100 a 3.844.300 nello stesso periodo. Laddove 57.188 operai erano impiegati nel 1887, ne troviamo, set- te anni dopo, 146.240; mentre il capitale impegnato nella lavorazione del cotone dalle compagnie finanziarie aumentò da $35.000.000 in 1882 a $73.000.000 in 1895. Circa la qualità degli opifici, i Libri Azzur- ri inglesi ne tessono l'elogio; le camere di commercio germaniche, constatano che le migliori filature di cotone a Bombay "non sono di molto indietro alle migliori filatu- re tedesche"; e due vere autorità nell'indu- stria cotoniera, Mr. James Platt e Mr. Henry Lee, ammettono volentieri "che in nessun'altra regione della terra, eccetto nel Lancashire, gli operai posseggono una di- sposizione così naturale per i lavori tessili come in India" (5). La esportazione del cotone dall'India fu più che raddoppiata in soli cinque anni (1882-87) ; e già nel 1887, si poteva leggere nello Statement (pag. 62) che "i filati di cotone importati erano sempre meno di bassa ed anche di media qualità; il che di- mostra che le filature indiane guadagna- vano gradualmente i mercati interni/' In conseguenza, mentre l'India continuava ad importare per un eguale valore di manu- fatti britannici (ridotti, peraltro, legger- (5) Schulze Cawernitz, The Ootton Tracie, pagina 123. LE INDUSTRIE NAZIONALI 46 mente in seguito) essa gettava già allora, in 1887, sui mercati esteri, i suoi prodotti di cotone lavorati sul tipo di quelli del Lancashire, per non meno di $18,377.550; esportava 33.000.000 di yards di stoffa gri- gia secondo un tipico modello unico.fabbri- cata in India con lavoratori indiani. E le sue esportazioni hanno continuato, dopo d'allora, ad accrescersi : tanto che negli an- ni 1891-93 furono esportate da 73 a 80 milioni di yards di stoffa; e da 161 a 189 milioni di libbre di filo. Infine, nel 1897, il valore dei filati e dei tessuti di cotone e- sportati, raggiunse la cifra rispettabile di 70.368.000 dollari (6). La lavorazione della juta in India si è sviluppata con una rapidità anche maggio- re, ed il commercio della juta a Dundee, un giorno così fiorente, fu portato a decaden- za non solo dalle alte tariffe doganali inau- gurate sul continente, ma pure dalla stessa concorrenza indiana (7). Persino la lavora- zione della lana fu tentata : esentemente ; mentre l'industria del ferro prese un subito incremento, sin da quando, dopo parecchi esperimenti anche falliti, si trovò il mezzo (G) 312,000 balle di cotone furono esportate verso la Cina ed il Giappone nel 1893, contro 112.100 esportate dieci anni prima.. (7) Sei 1882, i telai erano 5633 ed i fusi 95.937. Due anni dopo ('84-85) i telai salivano già a 6926 ed i fusi a 131.740, occupando 51.900 persone. Nel 1895, i ventotto jutifici in- diani avevano 10.580 telai e 216.140 fusi (rad- doppiati in 12 anni), con una media di 7S.800 persone occupate. Il progresso realizzato nel macchinario balza evidente da quelle cifre. L'e- sportazione di stoffe di juta dall'India aveva un valore di $7.719.350 in 1884-85 e di dolla- ri 26.069.500 in 1895, 46 CAMPI, FABBRICHE ED OFFICINE di estrarre il metallo usando il carbone lo- cale. In pochi anni, ammettono già gli spe- cialisti, l'India basterà a se stessa nella produzione del ferro. Anzi, non è senza in- quietudine che i manufatturieri inglesi ve- dono come le esportazioni dei tessuti india- ni verso l'Inghilterra siano in aumento continuo, mentre i mercati dell'Oriente a- siatico, e dell'Africa, diventano dei seri competitori a quelli della madre patria. Ma come tutto questo non dovrebbe avvenire? Che cosa potrebbe impedire il sorgere del- le industrie indiane? La mancanza dei ca- pitali, forse? Ma il capitale non conosce patria; e se gli alti profitti possono otte- nersi mediante il lavoro degli indigeni del- l'India, i cui salari sono la metà ed anche meno di quelli inglesi; — il capitale emi- grerà in India, come è emigrato in Russia, non curando se la sua emigrazione signi- ficherà la decadenza del Lancashire e d: Dundee. — Forse la mancanza di cogni- zioni scientifiche? Ma le longitudini e le latitudini non sono un ostacolo alla pro- pagazione della scienza: sono soltanto i primi passi che presentano difficoltà. Quanto alla superiorità delle masse ope- raie, nessuno, purché conosca i lavoratori indiani, può dubitare delle capacità di que- sti ultimi. Certo la loro abilità non è infe- riore a quella degli 86.500 bambini di me- no di tredici anni; o a quella dei 363.000 ragazzi e ragazze minori di 18 anni, che sono impiegati nelle manuatture tessili bri- tanniche (8). (8) Il numero dei fanciulli sopra i 13 e sotto i 18 anni era, in 7890, di 86,998. Il numero del- LE INDUSTRIE NAZIONALI 47 Dieci anni non costituiscono un periodo molto lungo nella vita delle nazioni. Ep- pure, in appena dieci anni, è sorto nel lon- tano Oriente un nuovo formidabile compe- titore nel popolo giapponese. In ottobre 1888, il Textile Recorder rilevava in poche linee, che la produzione annuale di filati di cotone raggiungeva nel Giappone 9.498.500 libbre; e che intanto quindici nuovi cotoni- fici, con circa 156.100 fusi, erano in co- struzione (9). Due anni dopo, 25.000.000 di libbre di filo erano prodotte nel Giappone stesso; e mentre dal 1886 al 1888 quel pae- se importava da cinque a sei volte la quan- tità di filati fabbricata all'interno, nell'an- no che segui, due terzi soltanto del filo soggetto al consumo erano importati dai paesi stranieri (10. Da allora, la produzio- ne crebbe regolarmente. Da 6.503.300 lb. nel 1886, essa raggiunse 91.950.000 lb. in 1893 e I53-444- 000 lb - in l8 95- In nove an ~ ni si era .così moltiplicata per 24 volte. le ragazze di tale età non é conosciuto, poiché esse sono considerate come donne, e lavorano quindi ad orario intero. Ma la proporzione del- le donne agli uomini impiegate nelle fabbriche inglesi, essendo di due a uno, così il numero delle ragazze fra i 13 anni e i 18, dev'essere considerato doppio di quello dei ragazzi, che e circa 190.000. Il che dà un totale di almeno 363.000 fanciulli d'ambo i sessi meno che di- ciottenni, sopra un totale di 1.084.630 lavora- tori impiegati in tutte le industrie tessili del Regno Unito. Come si vede, più di un terzo. (Statesman's Year-book, 1898, pag. 75). (9) Textile Recorder, 15 ottobre 1888. (1 ) Nel 1866 si importavano in Giappone 17.778.000 chilogrammi di filo di cotone con- tro 2.919.000 fabbricati all'interno. Nel 1889 le cifre ascendevano a 25.687.000 per i primi e 12,160.000 per l secondi. 4$ CAMPI, FABBRICHE ED OFFICINE • La fabbricazione complessiva -dei . tessu- ti, valutata a $6.000.000 nel 1887, salì ra- pidamente -a $71.350.000 nel i8o.q: in detta cifra, i lavori di cotone entrano per quasi due quinti. In conseguenza, le importazio- ni di cotone lavorato dall'Europa, caddero da $8.200.000 in 1884 a $4.248.000 in 1895 : in questo ultimo anno l'esportazione di se- ta raggiunse $16.230.000. Non basta: anche le industrie del carbone e del ferro si esten- dono con tale rapidità che il Giappone non rimarrà più a lungo tributario degli altri paesi nemmeno a questo riguardo; ed è inoltre ambizione dei sudditi del Mikado di costruire da sè le navi necessarie al com- mercio ed all'impero. Recentemente. 300 ingegneri della ditta Armstrong ad El- swick furono chiamati nel paese del Sole Levante per iniziare la costruzione di can- tieri navali: ma essi furono impegnati per soli cinque anni. In questo lasso di tempo i giapponesi sperano di impalare abbastan- za per diventare i propri costruttori nava- li (11). Finalmente, riguardo a certi ogget- ti di facile fabbricazione, per esempio, i fiammiferi: giova ricordare che tale indu- stria, dopo il suo fallimento nel 18S4, è fio- rita nuovamente; tanto che in 1895 i Giap- ponesi esportavano oltre a 15.000.000 di < 11) L'industria mineraria si é sviluppata come segue: Rame estratto: 2 407 tonnellate in 1875 e 11.064 in 1887. — Carbone: 5G7.200 tonn. in 1875; 1.669,700 in 1887, e 4.259,000 in 1894. — Ferro: 3447 tonn. in 1875: 15.268 in 1887; oltre 20.000 in 1884. (K. Rathgen. Japan's Volkwirthschaft und Staatshaiishaltuiig, Leipzig, 18-91; Rapporti Consalari.) ..:.**